L'OFFICINA FENICIANA

L’idea di creare uno spazio espositivo che superasse i confini della semplice struttura dove poter esibire oggetti e prodotti non è nuova per la Privitera. In fondo fa parte della sua ricerca, della passione e della voglia di dialogare con la creatività, in un equilibrato e armonioso mix con le innovazioni tecnologiche, con la vita che scorre, le richieste che mutano e si sciolgono nelle sfumature, con le quali convive e lavora da quasi trent’anni.  Il nome stesso, Officina Feniciana, è indicativo della funzione cui aspira: creare metaformosi, trasformazione, movimento. Aggregazione. Richiamare talenti ed energie e diventare punto di incontro per poterle esplorare ed esprimere. Un vero laboratorio alchemico di creatività, un viaggio sulle ali della Fenice, la mitologica creatura  che diventa cenere nel fuoco e si trasforma e rinasce, più forte e più grande, che il nome stesso richiama. O una nuova avventura di Alice, dopo Wonderland e lo Specchio, tra magia e stupore, sogno e realtà, che non solo segue il fil rouge della vita quotidiana, dalla festa di compleanno al matrimonio, dalla laurea alla nascita di un figlio ma che porta dritti al cuore della bellezza. Un sogno e un’esperienza multisensoriale da vivere e assaporare, ascoltare e gustare, a tutto tondo, a 360 gradi. In sintesi si tratta di uno spazio polifunzionale messo a disposizione, gratuitamente, per iniziative che spaziano dagli shooting alle feste a tema, dai laboratori d’arte ai seminari, in linea con la filosofia dell’Officina stessa. Con l’ambizione di poter diventare, con il tempo, anche una “Fondazione”, per dare radici e ali solide alla creatività (del territorio ma non solo). La convinzione di Privitera è che in fondo, spesso, ciò che davvero manca, in questo mondo ipercinetico, agitato, chiuso in se stesso, sia proprio l’apertura, la disponibilità, la nota iniziale che permetta poi l’effetto domino del benessere, del rinnovamento, dell’evoluzione. Perché mancano i luoghi (gratuiti) dove creare bellezza. Ed è a questo che aspira l’Officina Feniciana. Diventare luogo dove svelare, elaborare, manifestare l’incanto, la grazia e l’equilibrio della bellezza. Un “sogno ambizioso”, che risuona col pensiero del filosofo e scrittore americano Henry David Thoreau, col quale ci piace concludere questa breve presentazione:  “Se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto; è quello il luogo dove devono essere. Ora il vostro compito è di mettere sotto quei castelli le fondamenta”.

 

LA MOSTRA DAL 26 NOVEMBRE AL 13 DICEMBRE

Il mito della Fenice racconta una metamorfosi, una rinascita. La trasformazione dalle proprie ceneri. Simboleggia l’evoluzione, la riscoperta, la capacità di “andare oltre”, di vedere quello che lo sguardo quotidiano si perde. In tutti gli atti creativi assistiamo a una metamorfosi. Un cambiamento di stato. La materia grezza che viene modellata. Il metallo che viene forgiato. La pietra che viene incisa e come dice Michelangelo Buonarroti, in un processo “a levare” svela la sua essenza, l’idea che ha in sé. In questo caso, in questa mostra, esiste anche una metamorfosi funzionale di materiali e oggetti di uso quotidiano. Le linguette di alluminio delle lattine, ad esempio. Si tratta di un vero e proprio atto creativo, che spogliando oggetti e materiali dalla finalità per cui sono stati creati, ne ridisegna la storia. Modificandone definitivamente lo stesso valore.

Le opere delle otto designer che espongono negli spazi dell’Officina Feniciana dal 26 novembre al 13 dicembre raccontano proprio questa rinascita, questa trasformazione dei materiali. Le artiste, ascoltando la voce della loro anima, riescono a far parlare la materia stessa. Carta, bronzo, plastica, alluminio, pvc nautico, legno, ferro, pigmenti e tessuti, vengono plasmati, riscoperti, accarezzati, uniti, accartocciati e diventano altro da sé, poesia e racconto, essenza. Come la Fenice, e come Alice dentro allo specchio, dietro e oltre la realtà visibile, svelano la loro natura più intima ed esplodono di bellezza al completamento della loro metamorfosi. Rinascono, davvero trasformati in questo viaggio dalla materia allo spirito, dalla forma alla sostanza "di cui sono fatti i sogni”, per citare Shakespeare. 

A stupirci, in "vetrina", troviamo il risultato di questa ricerca: abiti di carta, cuscini di linguette di alluminio, accessori, sculture, oggetti del desiderio nati da materiali poveri e scarti industriali sorprendenti nella loro nuova forma, con la loro anima rinnovata. Espressioni tridimensionali di un nuovo idioma, di un nuovo lessico leggibile, fruibile, da godere.

Le creazioni di Adriana Lohmann, Angela Mensi, Annalisa Lombardini, Caterina Crepax, Esther Martel, Eva Antonini, Luisa Leonardi Scomazzoni e Sabrina Tajé in effetti non hanno bisogno di grandi descrizioni, parlano da sole. Pur appartenendo a realtà diverse, con percorsi profondamente differenti e a volte distanti, e pur usando linguaggi e materiali altrettanto lontani, sono chiaramente unite da una matrice comune che si snoda tra passione ed entusiasmo, coraggio e intraprendenza, ricerca, voglia di sperimentare, etica e rispetto. Un elenco di parole importanti, di concetti che aprono mondi da sfiorare con delicatezza, da abbracciare con forza. In questa mostra l’intenzione è stata quella di dare voce al fuoco sacro della trasformazione.